Da che ricordi, l’estate mi disturba.

Svela la bruttezza.
Dei corpi e delle cose.

Costretti a scoprirci per sopportare il caldo, mostriamo al mondo gonfiori, vene varicose, adipe, peli. Per non parlare degli odori sgradevoli che subiamo da vicini poco inclini a lavarsi.

La mia estate in città per molti anni era solo l’attesa che precedeva le lunghe vacanze in montagna prima e la ripresa della scuola poi. In pratica, non esisteva. E ancora oggi, per me resta in fondo un tempo sospeso, diluito e rarefatto. Un tasto pausa premuto a lungo.

La nostalgia alla fine delle lezioni, la solitudine di giornate lunghissime e calde che trascorrevo a leggere ogni cosa leggibile, la nebbiolina provocata dal calore dell’asfalto che rendeva le strade deformate, le vie vuote, i pomeriggi sdraiata in penombra sul letto o sul pavimento per ricevere un po’ di frescura.

E ancora: abiti appiccicosi, movimenti rallentati, zanzare, ghiaccioli sgranocchiati la sera sotto al portico.

Qualche bambino con cui giocare ogni tanto, e in generale poca vita all’aperto. La stagione più calda mi spingeva a stare in casa di più, invece che a uscire. Fuori mi sentivo persa: senza i riferimenti abituali della routine casa-scuola, percepivo il pericolo del vuoto, del tutto è possibile.

È solo da qualche anno che provo a non sospendermi per tre mesi, in attesa dei primi freschi e della ripresa della vita più familiare. Tento di cogliere il buono che l’estate offre: cene all’aperto, qualche pomeriggio in piscina, passeggiate la sera.

Ma prevale l’inadeguatezza a un periodo di cui non colgo il senso. Circondata da carrozzerie bollenti, saracinesche abbassate, chiuso-per-ferie, persone che si sventolano per farsi aria, pigramente accomodate su panchine o muretti o appollaiate su balconi mignon in improbabili tenute canottiera-mutande…

 

L’estate svela la bruttezza.
Delle anime.

Estratti dalla velocità della vita invernale, i pensieri non detti e forse neanche pensati, le malinconie più forti emergono dall’abisso in cui li ho cacciati e presentano il conto. L’estate è crudele, non permette di nascondere. Costringe a mostrarmi senza difese, accaldata e persa.

Odio l’estate.

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