Nell’agenzia dove lavoro c’è una componente femminile decisamente maggioritaria: lo smartworking quindi è stato spesso evocato, desiderato, e probabilmente mitizzato.

Ora che, a causa della pandemia, il sogno smartworking si è avverato per oltre un anno, la situazione mostra i pregi e i limiti di questo metodo di lavoro.

Il vero punto dirimente è la presenza di figli: se ne hai almeno uno, il tuo working non sarà mai smart. Devi gestire i pargoli a briglia sciolta, con in più l’incombenza dell’home schooling. 

Per me, che ho solo una figlia in prima primaria, tradotto in spiccioli significa: scaricare le lezioni video e i compiti, suddividerli in cartelline per materia e giorno di esecuzione, sottoporglieli sperando di catturare la sua attenzione, dare fondo a tutta la pazienza di cui sono dotata per richiamarla all’ordine mentre è distratta da mille altri input. Infine, ottenuti i preziosi compiti, mandarli alle insegnanti per la correzione.

Questo q u o t i d i a n a m e n t e. E mentre stai cercando di collegarti via Skype con le colleghe, oppure mandare delle email, scrivere dei testi, insomma, lavorare.

Affinché una donna con figli possa davvero lavorare “agilmente” da casa, servono spazio e solitudine; serve, come direbbe la saggia Virginia Woolf, una stanza tutta per sé (e possibilmente qualcuno che controlla che nel frattempo la casa non prenda fuoco).

Ma se pensate che chi è senza figli sia indenne ai disagi, vi sbagliate. 

Per lavorare da casa deve poter contare su almeno due cose certe: una buona connessione e l’accesso ai software e ai documenti aziendali.

Sembra facile, ma chiunque abbia provato a collegarsi da remoto al computer dell’ufficio sa che c’è sempre qualcosa che non va. Non si capisce per quale motivo, il malefico genio delle connessioni VPN dissemina la strada dell’accesso al server di insidiosi ostacoli.

E la rete adsl o la fibra ha dei cali di potenza perché tutti la stanno usando nel palazzo, quindi altro che super velocità.

Altro aspetto da considerare: il tempo di lavoro, a casa, si dilata estremamente. Non ci sono più limiti orari, ogni momento è buono per rispondere a una email o riprendere quel lavoro interrotto.

Esistono però anche aspetti positivi del lavorare a casa: gestione autonoma del tempo, poi… Poi?

Stavo per scrivere “vicinanza alla cucina”, ma questo in realtà è un danno: distrae e, dopo molti giorni, rischia di generare momenti di panico sulla bilancia.

La verità è che ci vuole molta autodisciplina per non essere fagocitati dal telelavoro: bisogna lottare contro l’euforia da mancanza di regole e darsene di precise. Alzarsi a un’ora utile per avere la mattinata davanti per lavorare, non guardare i social se non a cadenze di un paio d’ore, concedersi una sola pausa caffè (breve). Staccarsi dal computer per il pranzo, dedicarsi alla preparazione del cibo come un momento di pulizia mentale, e poi riprendere nel pomeriggio con le stesse regole della mattina.

Tutto questo, sempre che i figli non ti cerchino ogni 5 secondi, la connessione funzioni e i tuoi documenti siano facilmente reperibili.

Insomma, se devo dire la mia: bello lo smartworking, ma non ci vivrei. Ci andrei in vacanza.

 

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