La ruota.
Una delle tante evidenze che la vita sbatteva in faccia a Clara per ricordarle tutta la sua inadeguatezza.
Provava amore e odio verso le ragazzine che riuscivano a farla con estrema facilità.
Rincorsa, salto e… oplà, parabola perfetta.
Invece Clara era maldestra, completamente negata per ogni tipo di esercizio fisico più complesso del mettere un piede davanti all’altro.
La s-coordinazione impersonificata.
La ruota in spiaggia, poi.
Quella aveva il plus. Richiedeva un’estrema confidenza con il proprio corpo e un controllo di muscoli che ignorava esistessero.
Il mare era il luogo che amplificava al massimo il disagio di Clara verso il corpo. Non sapeva cosa farne, dove metterlo, come coprirlo. Si sentiva goffa quando si doveva alzare dal lettino, un anatroccolo dalla crescita bloccata, che non sarebbe mai diventato cigno. Figuriamoci cimentarsi in un esercizio fisico e di stile (per non sembrare una ciambella rotolante) come la ruota. C’erano invece quelle sue coetanee che a 10 anni sembravano avere già la precisa percezione di ogni centimetro di pelle e muscoli.
Rincorsa, salto, piroetta e voilà: esecuzione perfetta.
E il sofferto rapporto con la salsedine e il vento? Capelli crespi imprigionati in lacci e mollette nel tentativo di non averli gonfi come un carciofo, dopo il bagno e l’asciugatura “en plein air”. Ovviamente, nessuna precauzione funzionava e i ricciolini secchi spuntavano da ogni lato della testa, dando un’idea di estremo disordine e sciatteria.
Come le ciabatte, di cui non azzeccava mai il modello. Il suo problema era la totale assenza di tempismo. Trascorreva l’estate in attenta osservazione: alla fine della stagione, comprava le infradito. Solo che l’anno dopo andavano di moda gli zoccoli. Allora comprava gli zoccoli per l’anno successivo. E invece… boom di ciabattine fiorite. E così via.
– Ciao, sono Emma, vuoi giocare con me?
– Ciao, io sono Clara. Va bene. A cosa giochiamo?
– A me piace fare la ruota. Da 3 anni vado a ginnastica artistica e sono molto brava. E tu? La sai fare?
– No.
– Ti insegno io, se vuoi.
– Ok, proviamo.
Dopo un intero pomeriggio di tentativi, anche a Emma fu chiaro che Clara non era adatta per acrobazie sulla spiaggia. Era quasi più sconsolata di lei, faceva tenerezza. Aveva creduto davvero di poterla aiutare, cambiare: come mai non riusciva a fare una cosa che per lei era semplicissima, naturale come respirare? Non sapeva che la fedeltà all’immagine di goffa e maldestra bambina che Clara si era appiccicata addosso avrebbe vinto su tutto. A dieci anni come a venti, trenta, quaranta.
Siamo come gli altri ci vedono. Questo il credo inattaccabile su cui Clara aveva basato la sua vita. Diventare se stessi è un’opzione che non alberga in chi non si vuole abbastanza bene.